Unione Italiana del Lavoro

Nota su situazione rinnovo ccnl Tessile

Rinnovo Ccnl Tessile e Abbigliamento. Anche loro in attesa di direttive di Confidustria? 
La trattativa si profila difficile, ma ci sono margini di dialogo: prossimo incontro il 10 maggio 
di Riccardo Marcelli 
MILANO – “Attesa del comportamento di Federmeccanica dopo lo sciopero dei metalmeccanici”. Così esordisce la controparte allo SMI di Milano il 20 aprile scorso nell’incontro per il rinnovo del Ccnl del reparto tessile e abbigliamento. Un esordio infelice che indica subordinazione ai poteri di Confindustria e un altro atteggiamento di attesa, come, purtroppo, si sta verificando anche in altre trattative. 
La presentazione dello stato del settore dal 2007 ad oggi proposta dalla controparte registra un impatto significativo della crisi sul complesso della filiera con un contraccolpo a livello di aziende attive così come a livello di occupazione: le prime, pari al 58.056 nel 2007, sono stimate calare a 47.286 nel 2015. Nel periodo considerato si registra, dunque, un decremento del ‐18,6% corrispondente a 10.770 unità produttive. Similmente gli addetti al settore, quantificati in 512.972 nel 2007, scendono a 405.187 secondo le stime del 2015. Ovvero ‐21%, con una perdita secca di ‐107.785 occupati. Dopo anni di continue contrazioni, proprio il 2015, come anche rilevato nel resto della UE da Euratex, si sperimenta una frenata del tasso di caduta di aziende ed addetti, che porterebbe ad un sostanziale assestamento sui livelli del 2014. 
Sicuramente si tratat di dati importanti che i sindacati, alle prese con le numerose vertenze aziendali, conoscono e che non intendono minimamente negare. Ma è pur vero che in questo periodo un rinnovo c’è stato. È vero, è stata una trattativa lunga e sofferta, quella che ha visto la firma del 5 dicembre 2013, ma in quella sede tutti questi problemi sono stati certamente trattati. 
In considerazione si tiene anche la disomogeneità del settore, con una vastità di imprese diversificate, anche in funzione di chi fa export e chi no, come la parte datoriale ha voluto in sede di trattativa certamente sottolineare. 
L’aspetto dolente, però, che gli industriali hanno teso rimarcare è stato sicuramente quello dello scostamento inflattivo tra inflazione prevista e quelle effettivamente verificatasi, che avrebbe portato ad una eccedenza, da parte loro, di circa 70 euro. L’obiettivo dello SMI appare quindi chiaro: se si applicassero i recuperi non ci sarebbero margini per aumenti salariali. 
Una trattativa che si prospetta, dunque, estremamente difficoltosa e con una controparte ostile che ha l’obiettivo di svuotare il Ccnl e affidare completamente la dinamica salariale alla contrattazione aziendale e incentrare il contratto nazionale sulla previdenza complementare, sull’assistenza sanitaria integrativa e sul welfare. Un po’ troppo poco… 
Duro l’intervento dei sindacati che hanno innanzitutto rimarcato come il precedente aumento sia avvenuto al 4° livello e quindi il loro calcolo di 70 euro di eccedenza sia assolutamente inverosimile, senza contare che proprio il 4° livello andava con lungimiranza ad anticipare quanto poi effettivamente successo con l’inflazione a dimostrazione di quanto siano pratici e responsabili i sindacati nelle proprie trattative, a 
dispetto di chi li ritiene dei vecchi carrozzoni. In secondo luogo si ritiene impensabile un uso strumentale della previdenza e sanità integrativa, così come proposto in sede di trattativa. 

Ebbene, forse ci si dovrebbe iniziare a chiedere che tipo di responsabilità abbiano sindacati e imprese in questo percorso di rinnovo, quanta volontà sia abbia di proseguire buone relazioni industriali. Proprio per capire tutto questo, ci si rivedrà il 10 maggio a livello di segreterie. 

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